Un nuovo articolo su repubblica.it parla del progetto “sport e integrazione” della nostra squadra:
A Granarolo scende in strada la squadra dei profughi corridori
Arimiyawo Abubakari, ghanese, è nato per correre, ma per via di un problema al cuore momentaneamente siede in panchina. Zacaria Ndiaye, senegalese, meno dotato dei compagni di squadra, ha tanta voglia di migliorare. Jawo Musa del Gambia riesce a volare sui diecimila in 38 minuti. Darboe Alhagie, suo conterraneo e il più giovane del gruppo, ama incollarsi alle spalle degli atleti della Francesco Francia di Bologna. A 18 anni si è già conquistato il ruolo di portavoce della formazione multietnica del Gnarro Jet, composta da una quindicina di profughi in affido a due associazioni bolognesi, “Piazza Grande” e “Arca di Noè”.
Sbarcato a Lampedusa il 7 maggio dell’anno scorso, a bordo di un barcone salpato dalle coste libiche, ha lasciato a Bangui, città di nascita, la mamma e tre sorelle.
“La corsa significa gioia di vivere – afferma in una pausa di allenamento sotto la pioggia –. Mi piace la velocità, vorrei diventare più bravo di Usain Bolt. Gioco anche a pallone e tifo per il Manchester Unided. A Bologna c’è una squadra, spero di poter andare allo stadio a vedere una partita». Di recente ha superato l’esame di terza media e sta imparando l’italiano con gli insegnanti di “Piazza Grande”. «Vorrei continuare gli studi fino all’Università, diventare ingegnere e ritornare nella mia terra per aiutarla a costruire un futuro migliore”. C’è un tema, la libertà, che gli sta a cuore. “Libertà di mantenermi da solo senza alcun aiuto, muovermi liberamente, esprimere il mio pensiero senza paura”.